Al microfono:
Pietro Dommarco, giornalista, direttore del periodico Terre di frontiera, Premio Restart Antimafia 2018, Premio Giornalistico Reporter per la Terra 2016, Premio internazionale all’impegno sociale 2015.
con Giovannipaolo Ferrari, sociologo, esperto di analisi delle politiche pubbliche con particolare attenzione ai temi del lavoro, delle politiche sociali e ambientali.
Ospiti della puntata:
Roberto Cipriani, professore ordinario emerito di Sociologia (Università Roma Tre) e Paolo Montesperelli, professore ordinario di Sociologia dei processi culturali e comunicativi (Sapienza Università di Roma).
L’Editoriale di Giovannipaolo Ferrari:
In passato, in momenti bui come questi, la religione rappresentava il conforto per la “gente” e donava la speranza di un futuro migliore. Oggi, il Covid-19 ha confinato anche la Chiesa tra le sue mura. Una Chiesa che si è letteralmente ritrovata impossibilitata ad accogliere i suoi fedeli e a donargli conforto e cure. È venuta meno, cioè, quella funzione fondamentale per la Chiesa di offrire cure e ospitalità ai malati e agli infermi. Una funzione che per due millenni la Chiesa ha svolto in ogni occasione, durante ogni catastrofe naturale, epidemia o guerra, ma che oggi si trova costretta a rinunciarvi. La simbologia di questa rinuncia, di una Chiesa in ginocchio, è forte!
Anche il momento della preghiera, del rito e della comunione tra i fedeli si è dissolto nell’applicazione delle misure ferree del distanziamento sociale. Mai, in nessun momento della storia, era venuto meno.
Anche la Chiesa si è ridotta ad essere comunità virtuale. La sua azione, ormai si svolge soltanto via etere e nelle messe celebrate dai parroci in diretta Facebook. Il rito così perde sacralità riducendosi a spettacolo, a show, a intrattenimento sul piccolo o piccolissimo schermo. L’individualismo, osteggiato così tanto da questo Papa, è l’unica condizione di vita nella “società del confinamento”. L’isolamento, un tempo così cercato per ritrovare sé stessi e rivolgersi al Signore, è diventato la pratica di vita quotidiana che mina le relazioni sociali inesistenti e, soprattutto, la salute mentale di ognuno di noi, perché non ci pone di fronte a Dio, ma di fronte all’impossibilità di essere noi stessi o quello che eravamo prima del Covid-19. La presenza ingombrante della Chiesa nel contesto italiano, sembra essersi dissolta di fronte ai Decreti ministeriali e alla quarantena.
Il linguaggio e la comunicazione della più grande organizzazione religiosa al mondo, sono ridotte a delle sparute apparizioni televisive del Papa. Un’estemporaneità piuttosto artistica, cinematografica, quasi impressionistica. Un gesto, un luogo, uno sguardo, un’inquadratura, un cielo cupo, un crocifisso. La potenza del messaggio della grande macchina da marketing del Vaticano sembra titubare, tentennare, essere incerta su come affrontare il Covid-19.
Un avversario invisibile, inafferrabile, ubiquo, proprio come il concetto di Dio. Un avversario che combatte alla pari con la vera essenza della Chiesa, il mistero: ciò che è nascosto, che non si conosce, ciò che c’è di più sacro perché ancora non è stato disvelato. Un avversario che si serve della meraviglia e dello stupore dell’inconoscibile, dell’improbabile, dell’inarrivabile proprio come fa la fede con i suoi adepti. La paura dell’ignoto che ci tiene chiusi in casa in questi giorni, è la stessa paura del razionale che ci fa avere fede, che ci fa credere in qualcosa che possa dare un nome ai nostri limiti.
Nei momenti bui della storia la maggior parte degli uomini di fronte alla paura e all’ansia si sono affidati all’ignoto per non abbandonarsi alla rassegnazione. Ancora oggi succede, per quanto ne sappia. Ma c’è un gruppo di persone, una parte della popolazione che reagisce diversamente e si prepara per quello che verrà dopo il buio, dopo le tenebre, dopo l’oscurità. Queste persone si fanno guidare dalla ragione e si dedicano a migliorare sé stesse in vista del ritorno alla vita e se questo ritorno alla vita non ci sarà non è un loro problema perché come diceva un’icona del cattolicesimo del secolo scorso, Madre Teresa di Calcutta, “Ieri è trascorso, domani deve ancora venire. Noi abbiamo solo l’oggi”.