Al microfono:
Pietro Dommarco, giornalista, direttore del periodico Terre di frontiera, Premio Restart Antimafia 2018, Premio Giornalistico Reporter per la Terra 2016, Premio internazionale all’impegno sociale 2015.
con Giovannipaolo Ferrari, sociologo, esperto di analisi delle politiche pubbliche con particolare attenzione ai temi del lavoro, delle politiche sociali e ambientali.
Ospiti della puntata:
Adalgiso Amendola, professore di Filosofia e Teoria Politica, Sociologia del Controllo Sociale, Sociologia del Diritto e Teoria e Tecniche della Governance presso il Dipartimento di Scienze Politiche e della Comunicazione dell’Università degli Studi di Salerno e Davide Bubbico, professore di Sociologia Economica presso il Dipartimento di Studi Politici e Sociali dell’Università degli Studi di Salerno.
Il concetto di emergenza e il reddito di quarantena. Di Giovannipaolo Ferrari.: Mai avrei immaginato di trovare intere pagine di giornali su un tema a cui ho dedicato molto del mio tempo, quello che è stato denominato reddito di quarantena, ma si rifà a tutto il dibattito sul reddito di base dalle Poor Laws inglesi della fine del XVI secolo. È vero che in questi ultimi anni la proposta di legge sul Reddito di cittadinanza del Movimento 5 Stelle ha, finalmente, introdotto stabilmente nell’agenda politica italiana le politiche per l’introduzione di un reddito minimo garantito. Ma c’è una grande differenza tra la proposta del Movimento 5 Stelle e quella di San Precario di un Reddito di base incondizionato.
San Precario è il patrono dei precari e delle precarie e rappresenta la loro intelligenza. San Precario è nato nel 2004 e da allora è stato usato, moltiplicato e santificato da decine di gruppi di lavoratori. La sua carica iconica si è esaurita nel 2015, ma la sua eredità non è andata perduta. Nel 2019 una nuova intelligenza collettiva ha fatto suo il nome multiplo di San Precario per osservare e comprendere le trasformazioni del mercato del lavoro. Secondo San Precario non esistono “lavoretti” ma solo nuove forme di sfruttamento.
Nella proposta del Reddito di base incondizionato di San Precario non si parla più di reddito di cittadinanza per due ragioni:
1. Quando si parla di cittadinanza si intende i soli cittadini di una nazione, coloro che hanno una determinata nazionalità;
2. Verrebbe erogato solo a coloro che si trovano al di sotto di una certa soglia di reddito.
Quindi il Reddito di cittadinanza non è una misura completamente universalistica, perché è rivolta ad una sola parte della popolazione escludendone un’altra marginalizzata.
Il Reddito di base incondizionato di San Precario, perciò, è rivolto non solo ai disoccupati (che invece sono il target delle proposte del Pd e del M5S) ma anche a coloro che, pur lavorando, spesso in modo precario, sottopagato, intermittente o in nero, non riescono a uscire dal girone della povertà e del ricatto, a prescindere dalla loro condizione professionale. Il suo senso è di non essere né ammortizzatore sociale né elemosina, ma di aiutare il precario/disoccupato/sottoccupato a ribellarsi alle pessime condizioni di lavoro innescando un processo di conflitto favorito appunto dall’elargizione di reddito. San Precario ha calcolato che basterebbe una misura di 8 miliardi di euro per creare una forma di reddito capace di agire verso tutti, con continuità, rimediando alle storture, alle disparità, alle arbitrarietà che sono alla base delle frammentazioni che creano e producono la precarietà.
Nella situazione di emergenza sanitaria in cui ci troviamo, il reddito di quarantena dovrebbe avere le stesse caratteristiche del Reddito di base incondizionato di San Precario seguendo il principio che nessuno sarà lasciato indietro. Già oggi, molti lavoratori autonomi, disoccupati e sottoccupati hanno paura di essere lasciati indietro e di essere dimenticati dalle istituzioni. Il Decreto Cura Italia è insufficiente perché manchevole di una visione e di una prospettiva che guardi al di là del 13 aprile prossimo venturo. In questa situazione il Governo deve integrare immediatamente misure universalistiche di sostegno al reddito che vadano a rassicurare buona parte della popolazione italiana. Il Covid-19 ha messo con le spalle al muro il nostro sistema di welfare o quello che ne resta dopo lo smantellamento degli ultimi 30 anni. Ma ci ha fatto anche capire che senza un sistema di welfare universalistico e pienamente funzionante e funzionale non possiamo far fronte ad emergenze come quella che stiamo vivendo.