Per citare questo articolo: Ferrari G., Dommarco P. (2020). Covid-19 e Criminalità organizzata. Intervista a Marcello Ravveduto, a Gerardo Melchionda e a Tommaso Battaglini. Radio Covid, Ossopensante, Roma.
Ospiti della puntata: Marcello Ravveduto, professore di Digital Public History presso le Università di Salerno e di Modena e Reggio Emilia; Gerardo Melchionda, responsabile di Libera area Lagonegrese, Basilicata; Tommaso Battaglini, presidente di Sos Impresa Salerno, Campania.
Al microfono: Pietro Dommarco, con Giovannipaolo Ferrari.
Pietro Dommarco: “Buonasera e benvenuti all’ottavo appuntamento in diretta con Radio Covid, i podcast della Generazione Covid. Pietro Dommarco al microfono con me come ogni puntata Giovannipaolo Ferrari. Oggi parliamo di Covid-19 e di criminalità organizzata e lo faremo con Marcello Ravveduto, professore di Digital Public History presso le Università di Salerno e di Modena e Reggio Emilia; Gerardo Melchionda, responsabile dell’Associazione Libera per l’area sud del Lagonegrese in Basilicata e Tommaso Battaglini, presidente di S.O.S. Impresa Salerno. In occasione del 160esimo anniversario della fondazione della Polizia di Stato, in un messaggio inviato a Franco Gabrielli, il capo della polizia e direttore generale della pubblica sicurezza, il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha ricordato che nell’attuale fase di fragilità economica e sociale le minacce criminali potrebbero ostacolare le prospettive di ripresa del Paese. Vanno contrastati con il massimo rigore gli odiosi fenomeni dell’usura, delle truffe agli anziani e ai soggetti più deboli, dell’accaparramento di risorse, dello sfruttamento del lavoro, così come su più ampia scala gli illeciti della criminalità organizzata che attentano la libertà d’impresa e la legalità delle attività economiche. Parole queste del Presidente della Repubblica che prefigurano uno scenario preoccupante, uno scenario reale, visibile, nella dimensione in cui si riesca a sviluppare e produrre gli anticorpi necessari di contrasto. L’emergenza sanitaria che stiamo vivendo, ha aperto una voragine. Se è una voragine senza fondo o meno, dipende dai nostri anticorpi. Non vi è dubbio che siamo di fronte ad una crisi economica e sociale, una crisi per certi versi anche di valori. In questa crisi che ammala e disorienta si annida la criminalità organizzata che cerca nuove opportunità di sviluppo. I tratti somatici del mafioso sono gli stessi di un avvoltoio, di uno sciacallo le emergenze insomma aumentano le possibilità di guadagno per molte aziende, comprese le organizzazioni criminali che sono le strutture meglio organizzate nel capitalismo contemporaneo che però hanno un doppio vantaggio da una parte gli affari dall’altro il silenzio, ma noi ne parleremo tra poco.”
[pausa]
Pietro Dommarco: “E siamo di nuovo su Radio Covid. Il mio saluto va ai nostri ospiti che nell’ordine, non per importanza, sono Marcello Ravveduto, professore di Digital Public History presso l’Università di Salerno di Modena e Reggio Emilia e componente del consiglio direttivo dell’Associazione Italiana di Public History, del Comitato scientifico della Biblioteca Digitale sulla Camorra e sulla Cultura della Legalità dell’Università Federico II di Napoli e Direttore scientifico della galleria virtuale sulle mafie e antimafia della Casa Museo Joe Petrosino. Tra i suoi scritti ricordiamo Il sindaco gentile. Gli appalti la camorra, un uomo onesto. la storia di Marcello Torre pubblicato nel 2016 per la Melampo, La nazione del miracolo. Italia, gli italiani tra storia memoria e immaginario per Castelvecchi nel 2018 e, la sua ultima fatica, Lo spettacolo della mafia, storia di un immaginario tra realtà e finzione. Poi, abbiamo Gerardo Melchionda, responsabile dell’associazione Libera per l’area del Lagonegrese in Basilicata, attivista della prima ora, sempre in prima linea sulle questioni della legalità e dell’ambiente. Dopo una lunga militanza nel Partito Comunista Italiano e in Rifondazione Comunista, che lo ha visto ricoprire ruoli di responsabilità a livello provinciale e regionale in Basilicata, Melchionda è diventato un punto di riferimento per le battaglie sociali nell’area sud della Lucania e nel potentino. Infine, Tommaso Battaglini, avvocato e presidente di S.O.S Impresa Salerno. Come citavo in apertura, S.O.S Imprese è un’associazione nata nel 1991 a Palermo per iniziativa di un gruppo di commercianti per difendere la loro libera iniziativa imprenditoriale, per opporsi al racket e resistere alla criminalità organizzata. SOS Impresa, inoltre, gestisce una rete di sportelli antiracket e antiusura su tutto il territorio nazionale. Saluto i nostri ospiti: Marcello Ravveduto, Gerardo Melchionda, Tommaso Battaglini, buonasera a voi, mi sentite? Perfetto! Buonasera, grazie per essere intervenuti, e ovviamente il mio saluto va a Giovannipaolo Ferrari al quale lascio subito la parola e diamo inizio al nostro ottavo talk di Radio Covid, Giovannipaolo.”
Giovannipaolo Ferrari: “Buonasera Pietro, buonasera a tutti i nostri ospiti e a tutti i nostri radioascoltatori. Porrei immediatamente una domanda al professor Ravveduto. Con l’economia stremata dalla pandemia il tema della minaccia mafiosa è di strettissima attualità. E non sono solo le parole del Presidente della Repubblica a ricordarcelo. A fine marzo, con una circolare, il Viminale ha allertato le questure in quanto ci sarebbero ampi margini di inserimento per la criminalità organizzata nella fase di riavvio di molte attività. È sintomo che i nostri anticorpi funzionano o la criminalità organizzata ha già fatto uno scatto in avanti?”
Marcello Ravveduto: “Beh, il nostro Paese ha molti anticorpi rispetto alla lotta alle mafie e, quindi, con ogni probabilità questa allerta del Ministero dell’Interno, ma anche la stessa sensibilità del Presidente della Repubblica, sono legati al fatto che siamo sempre molto attenti rispetto ad altri Paesi, ovviamente, ai temi della criminalità organizzata anche perché le mafie nel nostro Paese si sono sempre inserite nei momenti successivi ai traumi: pensiamo al ruolo che hanno avuto le mafie nei post terremoti oppure nei momenti di particolare attenzione sulla ricostruzione, ma soprattutto quando ci sono stati momenti di crescita economica e di indebitamento; pensiamo alla crisi del 2008 e qui il ruolo che hanno avuto le mafie soprattutto al centro-nord e nel mondo rispetto alle imprese. Ecco, c’è sempre la doppia faccia della medaglia cioè da un lato l’attenzione che c’è rappresenta gli anticorpi, ma dall’altro è anche la presenza tradizionalmente radicata sul territorio che è in grado di penetrare e di adeguarsi al cambiamento dei mercati. Una delle prossime sfide è proprio questa: puntare l’attenzione a fare in modo che le mafie non entrino negli appalti che ci saranno, ma anche nella ricostruzione, dell’espansione dei mercati e soprattutto della gestione delle imprese che saranno in difficoltà. Del resto, le mafie non è che perché c’è stata la quarantena si sono fermate. Le mafie gestiscono molto della logistica italiana e credo che con questa gestione della logistica loro hanno avuto la possibilità di far veicolare, per esempio penso alle droghe, i loro commerci e i loro traffici anche in questo periodo di quarantena.”
Pietro Dommarco: “Grazie, io invece avrei una domanda per Battaglini. Avvocato Battaglini, non c’è alcun dubbio che l’emergenza sanitaria che stiamo vivendo si è già tramutata in emergenza economica per le imprese e per il mondo del lavoro. A questa emergenza c’è il rischio concreto che possa affiancarsi ad esempio un aumento dell’usura. Quali sarebbero i numeri del contagio criminale e quali sono le vostre proposte operative a sostegno delle piccole e medie imprese?”
Tommaso Battaglini: “Guardi, allora, noi in Italia abbiamo circa 4.300.000 imprese, la maggior parte ovvero il 70-80% è formato da Piccole e Medie Imprese (PMI). Tenga conto che i dati di Banca d’Italia danno dei valori intorno ai 177 miliardi € di crediti deteriorati, quindi capiamo il livello di sofferenza bancaria, di incagli e quant’altro possa essere presente. Nella regione Campania abbiamo la presenza di circa 400.000 aziende che sono a rischio, di cui una buona percentuale di imprenditori che hanno dei piccoli ritardi di pagamento, dei piccoli ritardi relativamente ad ipotesi già strutturate di contratti con le banche. Con questo nuovo Decreto Legge Cura Italia, le banche potrebbero andare a ricontrattualizzare vecchie posizioni e il rischio è che la garanzia valga solo per la banca. Si andrebbero così a sottoscrivere nuovi contratti che addirittura potrebbero essere nulli rispetto a queste richieste. Pensiamo poi a quegli imprenditori per cui non è “bancarizzabile”, cosa succederà per loro? Succederà che quando quest’imprenditore uscirà dalla banca potrà incappare nell’usuraio di turno. L’imprenditore deve poter andare in banca per un mutuo e creare liquidità nella propria azienda. Con questo decreto si è aperta la porta alle banche senza rendersi conto delle esigenze dell’economia reale. Quelle che sono le proposte e quelle che sono le soluzioni che S.O.S. Impresa Salerno, ma anche S.O.S a livello nazionale, si basa su leve di contratto di sviluppo. Si da corpo, si da forza ad enti privati che sono le banche, senza tener presente quale possa essere la reale possibilità dell’imprenditore, che sebbene abbia dei piccoli ritardi, dei piccoli incagli ha a livello di griglia ministeriale la possibilità di fare la restituzione dell’importo mensile. Ecco, da questo poi si crea la fuoriuscita di un enorme numero di imprenditori che non potrà accedere al credito legale, ma, purtroppo, si rivolgerà all’usuraio di turno. Noi già dal 13 marzo, ben prima di tutti, abbiamo con un hashtag utilizzato su Facebook con il messaggio “Non aprite quella porta”, cioè la porta non si apre per uscire, perché sappiamo bene che difficilmente i DPCM ci permetteranno di uscire se non per le ragioni che tutti sappiamo, ma l’hashtag “Non aprite quella porta” è stato lanciato per non far entrare dalla porta il virus dell’usura. Ecco, questo è stato il nostro hashtag: insistere soprattutto su quella che è la libertà d’impresa, su quella che era la potenzialità degli imprenditori di andare poi a creare un contatto con il proprio fornitore piuttosto che con il proprio proprietario dell’immobile in affitto, per andare a riformulare i contratti, in equità. Questa è stata la nostra soluzione privatistica a quelle che sono le esigenze dei vari imprenditori su questa pandemia.”
Giovannipaolo Ferrari: “Ho una domanda per il professor Melchionda. Professore, in un recente comunicato, Libera ha evidenziato il rischio per un numero rilevante di persone – tra le quali lavoratori in nero privi non solo di fonti di reddito – di cadere nella trappola della grande criminalità: affiliazione o soggezione alle cosche locali in cambio di generi di prima necessità. È solo un sentore o ci sono già evidenze di questo? In quanto Lei osservatore privilegiato di un certo territorio, cosa può dirci a tal proposito?”
Gerardo Melchionda: “Buonasera, approfitto per salutare Battaglini e Ravveduto. Come già stiamo dicendo da tempo la mafia non sta ai margini ma è dentro la nostra società. È un fenomeno che cerca di rendersi invisibile ma al tempo stesso ha la necessità di essere percepito dalla società come presente e condizionante. Noi non dobbiamo dimenticare che la forza delle mafie si ritrova proprio in quell’impasto di complicità e, spesso, di ignoranza e indifferenza, che gli permettono di prosperare e anche diffondersi. Nel momento della criticità, nel momento della difficoltà, la povertà si rivolge a chi può dare una risposta. Una delle situazioni che alimenta le mafie, a dismisura, è la paura: la paura di non farcela, la paura di non poter continuare, perciò abbiamo bisogno di porre attenzione alle categorie più deboli. Il potere delle mafie è un potere immediato, che facilmente si esercita su un popolo che ha paura perché non è unito da sentimenti di comunità e quindi è inconsapevole delle sue capacità e preferisce abbandonarsi al silenzio e all’omertà. Ma è un potere instabile, quello basato sulla violenza, sull’ossequio alle regole di casta e sul clientelismo, insomma su tutti quegli aspetti che caratterizzano una società fatta di oppressori e oppressi, dove tutti, sotto la maschera delle apparenze, sono fondamentalmente nemici tra loro perché i rapporti si basano soltanto sulla legge del più forte. Dobbiamo trovarci, sempre, al fianco dei migranti, dei lavoratori impiegati in agricoltura, dei lavoratori in nero, dei più deboli. In Basilicata, i primi dati, ci dicono che in molti territori, nel Metapontino, nel Vulture Alto Bradano e, anche, del Lagonegrese e nella Val d’Agri, si vivono situazioni di estrema criticità. Forme di sfruttamento e forme di caporalato dilaganti sono sempre più presenti. Perciò bisogna essere vigili, questa pandemia non faccia passare in secondo piano l’emergenza di sempre: la criminalità organizzata e la corruzione. Non ci faccia dimenticare le criticità di sempre: le disuguaglianze sociali, la povertà, la distribuzione e l’inquinamento ambientale. Abbiamo bisogno di difenderci oggi, più che mai, di contrastare le vecchie e nuove povertà. Le mafie non sono, solo, figlie della povertà, ma si avvalgono di questa per fare i loro affari e per gestire i loro poteri. Noi dobbiamo lottare contro le forme di povertà quali forme di ingiustizia e disuguaglianza nel nostro Paese. Dobbiamo pretendere che le istituzioni, in questa fase, devono assumere un ruolo determinante, perciò stiamo invitando le istituzioni a prendere in mano la situazione, dobbiamo far capire alla gente e soprattutto a queste categorie di persone, che lo Stato c’è. Guai se si dovesse percepire, in questa fase, che lo Stato è assente. Le sovvenzioni che sono arrivate ai comuni devono arrivare immediatamente ai cittadini e devono arrivarci in modo democratico e trasparente. Guai se si dovesse percepire che, anche in questa fase, prevalgono logiche familistiche e clientelari. È necessario avere dialoghi continui con la gente. Dove il silenzio uccide, la parola può salvare. La parola è conoscenza, e la conoscenza apre nuovi orizzonti che possono sconvolgere anche gli equilibri più stabilizzati, anche le consuetudini più incancrenite. La cultura è la chiave per ricostruire un senso di comunità che si fondi sulla giustizia, che dia ai cittadini la consapevolezza dei loro diritti e dei loro doveri. La cultura della legalità, specialmente nelle scuole, deve consentirci di condannare tutti i comportamenti illeciti, dal reato comune, all’occupazione del posto riservato al disabile, al non rispetto delle regole per la raccolta differenziata.”

Giovannipaolo Ferrari: “Avvocato Battaglini, questo stato quasi permanente di confinamento sta ostacolando la piccola criminalità e quella legata al commercio tradizionale. Ristoranti ed altre strutture ricettive non rappresentano più, almeno per il momento, fonte certa di estorsione. Al tempo stesso le mafie potrebbero investire nel turismo, tra i settori più esposti alla crisi economica determinata dall’emergenza Coronavirus. Come sta mutando la criminalità organizzata in periodo di pandemia?”
Tommaso Battaglini: “Prima di tutto ricambio i saluti di Gerardo e saluto ovviamente Marcello. Devo dire che le mafie trovano spazio lì dove, come diceva Marcello, c’è la possibilità poi di investire sul territorio e quindi di cedere denaro fresco ora, per poi chiedere quote societarie, piuttosto che andare a richiedere posizioni su prestazioni di servizi, piuttosto che beni. Pensiamo ai grandi supermercati e pensiamo a quello che può essere il ruolo in una piccola città o grande città: dell’usuraio di quartiere, piuttosto che del soggetto che può andare a proporre determinati meccanismi in questo momento. Su come stia mutando la criminalità organizzata in periodo di pandemia è una questione di spazi, una questione di investimenti. Vorrei però interloquire su quello che Gerardo richiamava prima, ovvero richiamava il concetto dello Stato comunità e dello Stato apparato. C’è uno Stato comunità molto forte in Italia, noi abbiamo delle grandi associazioni, abbiamo dei cittadini che si impegnano, abbiamo delle persone che si spendono per gli altri e abbiamo uno Stato apparato che molto spesso è un po’ disattento oppure una parte di Stato che non vuole risolvere le questioni: non vuole risolvere la prostituzione, non vuole risolvere la questione dei braccianti agricoli, delle mafie. Poi, ascoltiamo dichiarazioni sui braccianti agricoli, «non ci sono perché c’è la pandemia», ma a me sembra una cosa così strana adesso che si viene ad avverare come se non si sappia che su tutta la pianura padana, ovvero qui da noi nella zona del Sele-Tanagro, nella zona del battipagliese chi lavora nei campi non abbia diritti di alcun genere, tutto è un grandissimo punto interrogativo, pandemia e fuori pandemia; come se poi non si sapesse che sulla litoranea ci sono le prostitute tutti i giorni, ce n’è qualcuna anche che abita ad Agropoli e ha famiglia. Voglio dire, allora, lo Stato apparato, la politica che cosa vuole fare? Deve fare una scelta o sta con la comunità o sta con la mafia, con le organizzazioni camorristiche, con gli imprenditori che si vendono e si svendono con gli appalti pubblici per trovare spazio e territorio. Bisogna fare una scelta ed è ovvio che nella fattispecie pandemica Covid-19, domani bisognerà andare a controllare le società, andare a vedere se ci sono state delle cessioni di quote, perché ci sono state, qual è stato il corrispettivo e bisogna porre attenzione alle attività che poi potranno approvvigionarsi in un certo modo a delle catene che si conformeranno alla delinquenza. Quindi, voglio dire agli imprenditori che cederanno e andranno a fare patti, accordi con questi signori, che per loro cedere vorrà dire perdere quote societarie, vorrà dire perdere l’azienda, perché quello che è il fine ultimo del losco imprenditore mafioso è proprio quello.”
Pietro Dommarco: “Grazie, grazie avvocato noi facciamo un minuto di pausa.”
[pausa]
Pietro Dommarco: “Bentrovati su Radio Covid, ringrazio chi ci sta ascoltando. Vorrei fare una domanda al professor Melchionda. Professore lungo quali direttrici si sta muovendo la criminalità organizzata, solo mercati tradizionali o anche verso nuove frontiere?”
Gerardo Melchionda: “Penso che la criminalità organizzata oltre a percorrere le strade già note, è capace di adattarsi, con estrema facilità, alle nuove situazioni e molte volte ci sorprende. Ci sorprende l’estrema velocità con la quale si presenta agli affari economici, il più delle volte molto in anticipo rispetto allo Stato, alle istituzioni. Ha una grande capacità di adattamento e dispone di una notevole liquidità che le permette di rispondere velocemente alle richieste della gente. Quali sono le direttrici? Le direttrici, in Basilicata, sono quelle già consolidate: l’usura, il caporalato e il mercato dei braccianti, dei migranti, il traffico della droga e la corruzione. L’usura, in Basilicata, è in aumento, registriamo sempre maggiori casi, di denunce da parte di persone insospettabili, di cittadini comuni e di imprenditori, vittime dell’usura. Oggi, che la Basilicata è diventata la regione petrolifera più importante del Paese, la criminalità utilizza i canali più congeniali e noti, non ne aggiunge di nuovi a quelli esistenti e, spesso, l’impresa criminale si sostituisce a quelle che già operano sottraendo mercato alle aziende che agiscono legalmente. Comprano intere attività, anche attraverso il giro perverso dell’usura e dei fallimenti. Quando non comprano entrano nel capitale delle società seppure con l’intenzione di sostituire completamente la proprietà. I settori più aggrediti e aggredibili da questa opera di sottrazione di valore economico da parte delle mafie sono l’agro-alimentare, i lavori per la realizzazione di opere pubbliche o private – come nel caso dei cantieri Total o come nel caso dei cantieri eolici – la gestione dei rifiuti, le attività commerciali, i settori del divertimento, del turismo e del gioco d’azzardo. Da anni il materano ed il metapontino sono succubi di bande criminali che hanno occupato il territorio e ottenuto il consenso sociale. Tante sono le attività criminali compiute sul territorio ionico: la gestione del racket delle estorsioni, in particolare nei confronti delle imprese ortofrutticole che rappresentano il traino per l’intera economia locale, gli incendi dolosi al fine di intimidire la popolazione e gli imprenditori locali, le rapine, lo spaccio di droga e diversi tentati omicidi, tutti caratterizzati dall’utilizzo di metodi mafiosi. Negli ultimi mesi abbiamo registrato vicende che hanno riguardato imprenditori agricoli di Scanzano Ionico, che si sono visti bruciare le macchine, così come significativi sono stati gli arresti di nove persone nell’ambito di un’inchiesta antimafia, coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Potenza e condotta dai Carabinieri della Compagnia di Policoro e del Ros. Tutto questo accade mentre il Comune di Scanzano Ionico è stato sciolto per infiltrazioni mafiose. Il susseguirsi di attività criminali nel Materano comporta un continuo stato di paura ed ansia nella popolazione e nella classe imprenditoriale locale che, ogni giorno, vive nel timore di minacce e ripercussioni. Fenomeni che negli anni sono stati sottovalutati dalle istituzioni e dalle parti sociali e politiche. Sono anni che Libera Basilicata sta denunciando, in questa regione, i legami stretti fra veri e propri clan del posto, impegnati a massimizzare i propri affari, e le mafie delle regioni vicine. Lo scadimento culturale aiuta ad alimentare la delinquenza. Non si può negare che certi meccanismi, come quello clientelare, favoriscono gli interessi della mafia, il suo profitto e anche il suo potere, non soltanto per la facilità degli scambi con la classe politica, com’è accaduto in molti casi, ma anche grazie alle necessità dei cittadini imposte dal contesto che hanno permesso di aumentare i guadagni tramite la speculazione sul bisogno e di ricevere consenso tra i criminali del luogo a causa dell’alto tasso di disoccupazione. Il 24 febbraio scorso la Commissione parlamentare antimafia è stata in Basilicata, nel comune di Scanzano Jonico: un importante segno di attenzione da parte dello Stato, ma non basta. Proprio a seguito di questa visita è stato appurato che la criminalità organizzata lucana si sta evolvendo in modo sempre più strutturato, cercando di infiltrare l’economia locale attraverso condotte di corruttela verso politici, funzionari pubblici e imprenditori compiacenti. Dal Vulture, al Metapontino, da Potenza a Matera, la Basilicata presenta un quadro preoccupante che esige interventi rapidi e concreti. La Basilicata non è un’isola felice!”
Pietro Dommarco: “Grazie professor Melchionda. Una domanda per il professor Ravveduto, finora abbiamo parlato di chiusura dei traffici illeciti di spaccio, di stupefacenti, di corruzione. Lei pensa che per le mafie possa esserci spazio nell’esercizio del controllo sociale? E in caso affermativo con quali modalità?”
Marcello Ravveduto: “Beh, le mafie da tempo fondano tutto il loro consenso sociale sul controllo e sul sostegno di alcune fasce sociali. È noto che le mafie e, in particolar modo, la Camorra in contesti metropolitani ha costruito un vero e proprio welfare parallelo, quindi immaginate che ruolo può avere avuto, che molto spesso si tratta di utilizzare e riutilizzare, anche a fine di riciclaggio, i soldi dei proventi delle attività criminali e dove girano molti liquidi quindi la possibilità di dare immediatamente, remunerare immediatamente con correnti di criminali le famiglie anche non su funzioni criminali. Cioè – vorrei dire – che spesso il ruolo della Camorra è stato, almeno nei nostri territori, almeno in quelli delle aree metropolitane, anche di sostegno alla povertà cioè di contrasto tra virgolette alla povertà, naturalmente, tutto quello che dico è evidentemente lo dico con un fare non polemico, ma come un dato di fatto di studi analizzati, rispetto alla difesa di un consenso sociale che si basa sul sostegno al reddito di alcune fasce sociali che vengono chiamate a fare servizi intorno alla criminalità e anche se non fanno appunto lavoro direttamente criminale. Quindi questa non è una novità e credo che in una fase – diciamo – così come viene ormai detta con questa metafora molto fuorviante anche di ricostruzione subito dopo questa fase di crisi, ci saranno degli spazi enormi non solo per inserirsi nel mercato e quindi in tutte le filiere commerciali e riproduttive nelle quali poter inserirsi, ma dentro questo percorso, nuovamente creare attraverso varie aziende la possibilità di lavoro per persone che sono rimaste appunto, sono uscite fuori dal mercato del lavoro e dunque costruire un vero e proprio consenso sociale rispetto a questa dinamica. Questo non significa voler allarmare, non significa voler immaginare che siamo dominati dalle mafie, significa voler appunto mantenere alta l’attenzione perché spesso in questi paesi presi appunto dalle altre cose dalle emergenze le mafie proliferano, hanno sempre proliferato proprio nell’emergenza proprio perché il paese è distratto e guarda da un’altra parte. Ecco, uno degli elementi da tenere in conto sicuramente è quello di ricostruire come viene detto, ma allo stesso tempo impedire che in questa ricostruzione si crei il consenso sociale attraverso la distribuzione di reddito alle fasce più deboli da parte delle attività inerenti della criminalità organizzata.”

Pietro Dommarco: “Grazie, ho una domanda finale: è come una sorta diciamo di estrema sintesi per tutti e tre i nostri ospiti, prima Ravveduto poi Melchionda infine Battaglini. Quali, secondo voi, devono essere le azioni immediate del governo Conte per scongiurare che la criminalità organizzata approfitti dell’emergenza Coronavirus?”
Marcello Ravveduto: “Prima di tutto il controllo della logistica: le mafie controllano la logistica, ci sono tantissimi casi, le compagnie di trasporto che sono già molto legate alla criminalità organizzata; secondo, tutta una fase di appalti successivi che ci saranno non solo legati alla trasformazione di alcune aziende e a quello che bisognerà fare, ma anche e soprattutto all’attenzione nella riapertura dei mercati cioè in questo momento vedere là dove ci sono delle criticità di alcune imprese, vedere come queste imprese devono essere finanziate e sostenute altrimenti è evidente che uno dei canali di ingresso sarà appunto quello delle mafie, che saranno in grado di usare il denaro contante. Le mafie sono competitive, hanno una forte competizione sul mercato perché possono immettere liquidità lì dove non c’è.”
Pietro Dommarco: “Grazie Ravveduto, professor Melchionda.”
Gerardo Melchionda: “Abbiamo bisogno di capire che la questione sociale e la questione criminale sono vasi comunicanti, e questa è anche una prova importante secondo me, di come il tema dei diritti non sia solo etico ma è politico. Libera chiede allo Stato risposte concrete e precise, creare politiche e assicurare sostegno sociale: un lavoro, una sanità che funzioni, un’informazione obiettiva. E poi la scuola, la formazione. I mafiosi la temono, perché insegna a pensare liberamente.
Libera Basilicata chiede alle forze politiche e sociali, ai cittadini, alle associazioni una risposta responsabile ognuno si assuma la propria parte di responsabilità. La democrazia chiede a ciascuno di noi di fare la propria parte! Dobbiamo cambiare, anche, alcuni stereotipi, la legalità non può essere un obiettivo perché non è neppure un valore. È un prerequisito. L’obiettivo è la giustizia. Le istituzioni devono fare la loro parte e la cittadinanza deve diventare soggetto attivo contro la mafia e la criminalità. Abbiamo bisogno non di cittadini ad intermittenza, a seconda dei momenti e delle emozioni, ma cittadini responsabili. Dobbiamo accompagnare i cittadini alla denuncia dei comportamenti contro la legge. Dobbiamo alzare la voce anche quando si preferirebbe un prudente silenzio. La legalità può essere utile se è accompagnata alla giustizia sociale.
La legalità comincia appunto dalla corresponsabilità, e in questo senso la prima educazione deve essere alla relazione, alla socialità. I bambini, i giovani, anche a scuola, vanno accompagnati all’incontro con l’altro, va insegnato loro che soltanto in quello scambio possono conoscere sé stessi, possono crescere e quindi realizzarsi. Ecco perché educare alla legalità deve diventare un educarci insieme ai rapporti umani, un mettersi in gioco, un incontrarsi. Ogni iniziativa che, in questa prospettiva, punti a suscitare nei giovani l’amore per la democrazia e per la giustizia sociale merita incoraggiamento e sostegno. Ben vengano allora anche le ore dedicate all’educazione civica o allo studio della Costituzione, purché la cosiddetta “educazione alla legalità” non si risolva in formalismi, in freddi e distaccati passaggi di nozioni, norme, regole. Presentare la legalità in un’ottica solo formale, come un sistema di divieti e prescrizioni, significa perdere un’occasione preziosa d’incontro con i giovani.
Nella vita privata come in quella professionale, la chiave è la difesa della dimensione etica. Il nostro lavoro è etico quando non presta il fianco ai compromessi, alle scorciatoie, alle prepotenze di chi vuole calpestare i diritti in nome del privilegio. Etica – però – non può significare solo enunciazione di regole e di prescrizioni, per quanto giuste e condivise. L’etica chiama in causa le nostre coscienze, la nostra responsabilità, le nostre piccole e grandi scelte quotidiane. Chiede a ciascuno di noi di contribuire perché la vita sociale sia per tutti libera e dignitosa, perché i diritti abbiano la meglio sui privilegi, e le aspirazioni dell’“io” confluiscano nelle speranze del “noi”.”
Pietro Dommarco: “Grazie professor Melchionda, avvocato Battaglini.”
Tommaso Battaglini: “Le azioni, il governo le doveva porre in essere subito e bene. Purtroppo, molte azioni sono state poste in essere tardi e male. Sento, telefonicamente, persone che mi chiamano giornalmente, con le quali sono in contatto via streaming, e hanno fatto le istanze alle banche per la sospensione dei mutui e mi dicono che la rata di aprile, purtroppo, è già andata, hanno già pagato, la banca ha già preso i soldi dai conti corrente. Quindi, ci sono state delle pecche e siccome il decreto prevedeva una sorta di documentazione da depositare alla banca, le banche poi hanno richiesto la loro di documentazione, come allegati che la banca doveva proporre al cliente perché questa sospensione avesse efficacia; e la banca ha approfittato anche nel mese di aprile per andare a prendere la rata dei mutui agli imprenditori debitori. Ma non è solo questo, noi abbiamo degli esempi emblematici in Europa che hanno visto dare liquidità alle imprese e l’economia legale è fatta anche di libertà, soprattutto di libertà, una libertà che può essere data dallo Stato nel momento in cui lo Stato in una fase di inadempimento contrattuale non addebitabile alla controparte, aiuta; perché è chiaro che lo Stato deve essere presente perché c’è una pandemia, non è un inadempimento contrattuale per colpa del debitore, qui c’è una crisi nazionale e mondiale, Voglio dire che quello che è stato fatto è stato fatto male, è stato fatto tardi ed è stato fatto ovviamente andando a preferire i poteri forti ancora una volta: si è data garanzia alle banche e non si è data garanzia alle imprese. Si sono fatte, diciamo, si sono elevate delle forze piuttosto che altre, alcune leve che magari potevano andare a garanzia delle imprese e non delle banche e, quindi, la criminalità organizzata si è organizzata da tempo. In tre giorni l’organizzazione criminale riesce a prestare i suoi servizi, lo Stato a volte ci mette anni. Vi ringrazio.”
Pietro Dommarco: “Grazie a lei, ringrazio i nostri ospiti Marcello Ravveduto, Gerardo Melchionda e Tommaso Battaglini per aver accettato il nostro invito, ma soprattutto per il vostro contributo.q Giovannipaolo Ferrari, invece, resta con noi. Facciamo un minuto di pausa e poi rientriamo per l’editoriale conclusivo di Giovannipaolo Ferrari.”
[pausa]
Pietro Dommarco: “Siamo di nuovo in diretta su Radio Covid, Giovannipaolo Ferrari, a te le conclusioni di questa interessante puntata.”
Giovannipaolo Ferrari: “Grazie Pietro. Il già citato capo della Polizia Franco Gabrielli in un intervento contenuto in un documento che l’Interpol ha inviato alle circa 200 nazioni che fanno parte dell’organizzazione e che contiene una prima valutazione dell’impatto del Covid-19 sui compiti delle forze di polizia e sull’evolversi dell’azione criminale, ha rilanciato l’allarme criminalità organizzata. Il capo della Polizia ha indicato 4 interventi necessari per contrastare questa situazione: 1. rendere “ancora più incisivi” il monitoraggio e la prevenzione per tutelare le infrastrutture critiche; 2. “massimo impegno” nell’analisi info-investigativa su come si stanno ‘riposizionando‘ le organizzazioni criminali; 3. “tracciare e controllare” i circuiti economico-finanziari per evitare che possano essere immessi nei circuiti legali capitali nella disponibilità delle mafie; 4. “prevenire” le infiltrazioni della criminalità organizzata nelle grandi opere.
Direi che questo è già un buon vademecum da seguire per evitare che ancora una volta le mafie mettano i loro tentacoli sui finanziamenti pubblici stanziati per l’emergenza Covid-19. Ma resta scoperto il nodo più dolente per uno come me che è abituato a stare tra la gente: come evitare le speculazioni sulle fasce più deboli della popolazione, soprattutto al Sud? Roberto Saviano in un articolo del 22 marzo su Repubblica ha scritto: “Le mafie sanno ciò di cui si ha e si avrà bisogno, e lo danno e lo daranno alle loro condizioni. È sempre stato così”. Questa è la preoccupazione più grande in questo momento: che tanta gente, tante famiglie già indebitate e che anche prima del Covid-19 non riuscivano ad arrivare a fine mese chiedano aiuto allo strozzino di turno. Marco Monnier lo scriveva già nel 1863: La Camorra potrebbe essere definita l’estorsione organizzata (Introduzione, pag.1). Chi può evitare tutto questo? Lo Stato? Non credo che l’azione dello Stato possa essere così rapida in queste circostanze. Le forze di polizia? Si, certo! Ma le forze dell’ordine non possono entrare in tutte le case, non possono controllare la moltitudine di situazioni e dinamiche differenti che in questa emergenza stanno emergendo. Allora chi? Chi può farlo concretamente? Carlo Levi in Cristo si è fermato ad Eboli scriveva che «Il vero nemico, quello che impedisce ogni libertà e ogni possibilità di esistenza civile ai contadini (oggi potremmo dire a una buona parte della popolazione), è la piccola borghesia dei paesi. È una classe degenerata, fisicamente e moralmente: incapace di adempiere la sua funzione, e che solo vive di piccole rapine e della tradizione imbastardita di un diritto feudale. Finché questa classe non sarà soppressa e sostituita non si potrà pensare di risolvere il problema meridionale (pag. 222)». Oggi, questa piccola borghesia dei paesi ancora sopravvive, in qualche modo, vivacchia: compie ancora qualche piccola rapina (soprattutto nella pratica clientelare), ma non beneficia quasi più di alcun diritto feudale. Ebbene questa classe degenerata, come dice Levi, potrebbe fare, in questa circostanza straordinaria quello che non ha mai fatto prima: rompere con la criminalità organizzata con cui spesso condivide interessi e tendere una mano a coloro che hanno più bisogno. Dove non arriva lo Stato potrebbe arrivare la solidarietà di coloro che godono di una stabilità economica e di una vita agiata. Attraverso gesti generosi e disinteressati si potrebbe evitare che molte famiglie entrino nel tunnel dell’usura e dell’estorsione. Non si tratterebbe di carità, ma di solidarietà organica come direbbe Émile Durkheim. Il miglior modo di far nascere e cementare quella coesione sociale chimera del Bel Paese. Grazie, ho concluso.”
Pietro Dommarco: “Grazie, grazie a te Giovannipaolo. Noi siamo arrivati alla conclusione di questo ottavo appuntamento con Radio Covid, i podcast della Generazione Covid, buonanotte a tutti e vi diamo appuntamento a domenica 19 aprile sempre alle 21:15.”