Categorie
Talk

Il Calcio e lo Sport alla prova Covid-19

Condividi

Al microfono:
Pietro Dommarco, giornalista, direttore del periodico Terre di frontiera, Premio Restart Antimafia 2018, Premio Giornalistico Reporter per la Terra 2016, Premio internazionale all’impegno sociale 2015.
Con Giovannipaolo Ferrari, sociologo, esperto di analisi delle politiche pubbliche con particolare attenzione ai temi del lavoro, delle politiche sociali e ambientali.

Ospiti della puntata:
Luca Bifulco, professore di Sociologia dello Sport (Università degli Studi di Napoli Federico II); Pippo Russo, sociologo, saggista e giornalista; Massimiliano Gallo, editore e direttore del Il Napolista.

L’editoriale di Giovannipaolo Ferrari
Quando hanno chiuso tutto e anche il mondo dello sport ha dovuto capitolare, devo dire la verità, ho sentito un vuoto e un’inquietudine dal più profondo del mio ego di sportivo e tifoso.
Chi, nella propria vita, ha fatto della pratica sportiva una consuetudine e ha provato quella che si chiama ‘passione sportiva’, non ha potuto provare emozioni diverse dalle mie.
Molti di voi penseranno che sto esagerando e qualcuno mi chiamerà fanatico, invasato, ultrà.
La realtà è che non ci rendiamo conto di quanto spazio lo sport e la pratica sportiva occupino nelle nostre giornate e quanto benessere fisico e mentale portino nelle nostre vite.
Solo chi non ha mai praticato, chi non si è mai appassionato può ignorare la potenza sociale dello sport. Non parlo solo dell’atto rituale, del rito o del gesto sportivo o del mito del corpo dell’atleta e di tutta la sua simbologia erotica; ma parlo anche del coinvolgimento in un processo di socializzazione che produce legami fortissimi nelle comunità di appassionati, praticanti e tifosi. Ciò che viene condiviso è una parte importante, a volte fondamentale, delle nostre esistenze. I più remoti ricordi sono legati ad una palla presa a calci o ai momenti dove il sudore e gli umori si mescolano a quelli degli altri compagni di gioco.
Si, devo ammetterlo: per un maestro di tennis, come me, è molto difficile non toccare una racchetta per mesi, non poter stare in campo pensando alle geometrie da seguire per aprirsi il campo, è difficile non avere rapporti con gli allievi, soprattutto con i bambini che piano, piano sotto la tua guida prendono forma nelle esecuzioni dei colpi.
È difficile, e vi sembrerà ancor più esagerato, rinunciare allo sport in Tv e dal vivo. Tutta la stagione del tennis e del calcio sono state annullate, per quel che concerne i miei sport preferiti.
Notizia di oggi è che la Ligue 1 in Francia ha assegnato il titolo al PSG e ha chiuso il campionato francese per quest’anno.
È difficile perché anche lo sport in Tv e sui giornali ha rappresentato e rappresenta una parte importante della vita di persone come me, che vivono intimamente e in maniera riservata la loro passione sportiva, ma di cui probabilmente non ne possono fare a meno.
Come non ho potuto far a meno di fronte alla disperazione di Roger Federer dopo che Wimbledon era stato cancellato, di provare tristezza per lui e subito dopo vergogna pensando alle migliaia di morti che il Covid-19 sta mietendo nel mondo.
Come David Foster Wallace vivo lo sport in maniera estremamente intima e conflittuale, in special modo con il mio corpo non più giovane e non ancora invecchiato. Un corpo che risente oggi del confinamento forzato in un appartamento, danneggiato dal troppo cibo e dal telelavoro.
La chiusura, la clausura, il confinamento, la quarantena erano e sono necessari fino a quando non avremo la sicurezza che il virus non circoli più.
Ma il corpo e la mente riconoscono, questa volta senza aver paura di essere considerati espressione di trivialità, un’astinenza da sport.